Insonnia come dobbiamo comportarci

Insonnia: come dobbiamo comportarci

La condizione di insonnia è molto frequente, anche tra i bambini. Soprattutto nei primi anni di vita.

Ha effetti molto negativi sulla loro salute e vita quotidiana. Coinvolge tutta la famiglia.

Moltissime coppie si trovano a dover affrontare ciò che può sembrare inaffrontabile: i risvegli frequenti e la difficoltà di addormentamento del proprio bambino. Soprattutto nei primi tre anni di vita.

Le prove scientifiche indicano sempre di più come un sonno adeguato sia necessario per la salute, sia mentale che fisica. Per una crescita armonica.

Vi è sempre maggiore consapevolezza dei danni che la condizione di insonnia può arrecare.

Il sonno ha una importanza notevole nella vita dell’uomo, non foss’altro perché ne rappresenta, quantitativamente, almeno un terzo.

Nell’infanzia, poi, il tempo trascorso dormendo è ben superiore a un terzo del totale. Tanto che nei primi mesi di vita ne supera di molto la metà. All’inizio dell’adolescenza nel sonno vengono ancora trascorse oltre il 40% delle ore della giornata.

Appare quindi evidente che il sonno ha più importanza nell’età infantile che in quella adulta.

Anche dal punto di vista della qualità il sonno subisce notevoli variazioni. Infatti, a partire dall’età neonatale o addirittura dalla vita intrauterina va sempre più riducendosi la quota di sonno chiamata REM.

Sonno REM

Il sonno REM, detto sonno attivo, è caratterizzato dalla comparsa pressoché improvvisa di movimenti dei bulbi oculari rapidi e ben evidenti. Il suo nome nasce proprio da questi movimenti oculari. REM infatti sta per: rapid eye moviments, movimenti rapidi degli occhi.

Nel sonno REM i nostri muscoli hanno una assenza quasi completa di tono muscolare. Sono però caratterizzati da contrazioni muscolari brevi, simili a scosse, con andamento ritmico e unidirezionale, seguite da rilasciamento.

Il sonno REM è caratterizzato da turbe neurovegetative, cioè da manifestazioni provocate dall’attivazione del sistema ortosimpatico.

Il respiro è caratterizzato da oscillazioni, incostanti e con tendenza a variazioni periodiche con irregolarità notevole, alternanza di pause e accelerazioni.

Il polso, cioè la frequenza cardiaca aumenta e spesso si fa aritmica. La pressione arteriosa può presentare brusche elevazioni. Le pupille spesso si dilatano molto. La temperatura corporea tende a importanti diminuzioni durante le fasi REM.

All’elettroencefalogramma – EEG – compaiono delle notevoli modificazioni rispetto al sonno non REM. Mentre nel sonno profondo non REm è caratterizzato da ritmi lenti e monotoni, nel sonno REM si presenta con l’aspetto di ritmi disordinati simili a quelli della veglia.

Durante il sonno REM si attua e si sviluppa gran parte dell’attività onirica, dei sogniI sogni del sonno REM da una parte inibiscono gli stimoli sensoriali che provengono dal mondo esterno.

Dall’altro permette di accumulare e memorizzare le informazioni incamerate durante la veglia e di elaborarle. Nel sonno REM questa attività coincide, soprattutto nel feto e nel neonato, ad un aumento della formazione delle sinapsi.

Con conseguente formazione di mappe corticali e di schemi operativi nuovi. Quella REM è la fase del sonno in cui si costruisce e ramifica il nostro sistema nervoso centrale.

Sonno non REM

Nel sonno non REM l’individuo si approfonda per gradi, passando dallo stato di sonno leggero (1° stadio n.REM) via via a quello di sonno profondo (2°, 3°, 4° stadio).

Durante questi stadi si verifica una progressiva riduzione del tono muscolare con rallentamento del respiro e dell’attività cardiocircolatoria. Non si percepiscono movimenti oculari.  

L’elettroencefalogramma mostra caratteristiche molto simili con un progressivo rallentamento.

Secondo ricerche anche recenti il sonno non REM ha importanza fondamentale nel ricostruire i neuromediatori che le sinapsi usano nel resto del sonno REM e nella veglia.

Recentemente, inoltre, la funzione del sonno  non REM è stata rivalutata anche per quel che riguarda il sogno e altre attività mentali prima ritenute prerogativa del solo sonno REM.

Si sogna anche durante il sonno non REM anche se è solo il sonno REM porta ad una elevata capacità di memorizzazione e di elaborazione del materiale immagazzinato.

Quante ore si dovrebbe dormire ogni notte?

La risposta non è uguale per tutti e dipende dall’età. Infatti, se un neonato riesce a superare abbondantemente le 10 ore al giorno, un adulto difficilmente arriva a dormire, mediamente, più di 7-8 ore per notte. Tanto più si è piccoli tanto più a lungo si dorme.

A chiarire quante ore dovremmo dormire a seconda dell’età è stata di recente la National Sleep Foundation (NSF) che ha stilato una vera e propria tabella del sonno.

I numeri riportati nella tabelle delle ore di sonno sono solo delle medie indicative perché in adulti e bambini ci possono essere dei periodi dove si hanno delle difficoltà del sonno.

Se a un certo punto un bambino inizia a non dormire più come prima questo potrebbe rientrare nella normale maturazione.

Per esempio, i neonati dormono per molte ore al giorno ma man mano che crescono dormono meno non solo per mangiare ma anche per esplorare il mondo circostante.

Verso i due anni di età si potrebbero presentare degli stati di ansia che, soprattutto nella notte, possono provocare incubi e paure.

Questi sono dei segnali del processo di maturazione mentale e della immaginazione creativa del bambino. Intorno al 3° anno di età i bambini chiamano spesso i genitori dopo essere stati messi a letto o esprimono la paura del buio.

E’ una fase normale nello sviluppo infantile e può essere legata alla consapevolezza della progressiva autonomia rispetto ai genitori. Quello che i genitori possono fare è di rassicurare i propri figli aiutandoli a superare questi momenti.

La tabella indica per ogni fascia d’età, la quantità di riposo “raccomandato”, “appropriato” e “non raccomandato”.

L’insonnia del bambino

La differenza fondamentale fra insonnia dell’adulto e insonnia del bambino può essere così sintetizzata:

l’adulto non può dormire, il bambino non vuol dormire

Un adulto insonne rimane sveglio malgrado desideri con forza la fine dell’insonnia. Un bambino insonne rimane sveglio, malgrado i desideri e gli sforzi dei genitori perché la condizione di insonnia finisca.

Alcuni bambini dormono tranquillamente di notte fin dalla nascita. La maggior parte dei neonati però si sveglia ad intervalli variabili da 20 min. a 6 ore, giorno e notte.

Dopo il 3° mese in genere comincia a comparire un certo ritmo circadiano che, dal 6° mese, si stabilizza inducendo un lungo periodo di sonno dalle ore 19 alle ore 7.

Ciò non sempre avviene. Quasi la metà dei bambini comincia di nuovo a presentare frequenti risvegli
dopo il secondo semestre.

Viene valutato che a 14 mesi il 23% dei bambini presenta pluri risvegli notturni.

In età immediatamente prescolare i problemi del sonno notturno sono ancora presenti nel 35% dei bambini, per passare al 15% dopo i 6 anni e al 10% dopo gli 8 anni

Nel bambino si parla di disturbi del sonno. Per disturbo del sonno si intende generalmente una difficoltà a godere di un riposo notturno sufficientemente lungo, naturalmente in relazione all’età del bambino.

Questo genere di disturbi può riguardare la difficoltà ad addormentarsi, i risvegli frequenti, la faticosa ripresa del sonno. A volte con la presenza, ma non sempre, di manifestazioni di disagio emotivo: pianto, agitazione, inconsolabilità.

Secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) più di un milione di bambini tra i 3 e i 14 anni soffre di insonnia.

I bambini più a rischio sembrano essere i primogeniti o figli unici, quelli allattati al seno e quelli che dormono nel lettone con i genitori.

Cause di insonnia nel bambino

Raramente le cause sono organiche, cioè dovute ad una malattia.

Le cause organiche più frequenti sono: il reflusso gastroesofageo, disturbi dell’orecchio, asma, dermatite atopica.

Vi sono poi le ostruzioni respiratorie. È noto come disturbi respiratori di tipo ostruttivo, soprattutto relativi alla pervietà delle vie aeree superiori, siano causa frequente di notevoli difficoltà nell’addormentamento. Di risvegli numerosi, di crisi di paura notturna, distanchezza e sonnolenza diurna.

Disturbi dell’addormentamento e della regolarità del sonno sono frequenti in bambini con la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

In essi il sonno notturno agitato, superficiale ed incompleto, aggrava le difficoltà di mantenere l’attenzione a seguito della conseguente sonnolenza diurna. Si tratta di un circolo vizioso, a volte difficile da interrompere.

In più dell’80% dei casi di insonnia dipende da fattori psico-fisiologici. Sono fattori principalmente legati all’organizzazione della giornata, alla molteplicità di stimoli che si trovano intorno e alle abitudini date dai genitori.

Si manifesta con pianti notturni, oppure sonno problematico caratterizzato da frequenti risvegli.

In molti bambini tali comportamenti, al di là di ogni responsabilità, a volte troppo facilmente attribuita ai genitori, possono essere considerati come diretta conseguenza dei sogni della prima fase REM del sonno.

La repulsione nei riguardi del letto sarebbe, infatti, molto verosimilmente, determinata da pregressi sogni terrificanti.

Manifestazioni di disagio emotivo

In altri casi i disturbi del sonno è spesso provocato da stati di ansietà, dovuti per esempio alla sempre maggiore consapevolezza di se stessi o della relazione esistente fra i genitori.

Dormire agitati, come già accennato,  può anche essere solo un segno di eccitazione per le conquiste del giorno appena trascorso. Durante il primo anno di vita i neonati dormono molto, ma ben presto riescono a stare svegli per periodi più lunghi.

Anche gli stati di ansia del secondo anno di vita, che provocano in molti bambini incubi e paure, sono segnali del processo di maturazione mentale e della immaginazione creativa e sono legati spesso ai primi distacchi.

Intorno al terzo anno i bambini chiamano spesso i genitori dopo essere stati messi a letto o si lamentano per la paura del buio. E’ una fase normale nello sviluppo infantile e può essere legata alla consapevolezza della progressiva autonomia rispetto ai genitori.

Criticità che possono essere superate seguendo determinati accorgimenti. I genitori possono accompagnare l’evoluzione del sonno del bambino contenendone i lati emotivamente più forti.

Bisogna cercare di essere elastici, ma al tempo stesso mantenere anche posizioni ferme. Come per gli altri comportamenti, infatti, fornire un confine e dare una regolarità alle abitudini rispetto al sonno aiuta il bambino a sentirsi contenuto e dà continuità alle sue esperienze. Tanto nel corso della giornata quanto durante la notte.

Qualora una difficoltà nella sfera dell’addormentamento dovesse assumere dimensioni incontrollabili potrà essere utile consultare il pediatra di fiducia.

Il bambino più grande

Solitamente il periodo più felice per i bambini tendenzialmente insonni è quello delle elementari. Ma alle medie e alle superiori il ragazzino può tornare a vivere una deprivazione di sonno.

In concomitanza con i nuovi impegni, i nuovi interessi, il desiderio di stare alzati fino a tardi alla sera. Sicuramente cene pesanti, giocare con telefonini e tablet fino a tarda sera e andare a letto molto tardi non aiutano di certo.

In molti casi gli adolescenti tornano al pisolino pomeridiano della prima infanzia. Questo può comportare dei problemi, perché si sfasa il ritmo di sonno/veglia e nei casi più gravi il soggetto non riesce più ad addormentarsi prima della notte fonda.

In età adolescenziale la condizione di insonnia è fondamentalmente legata ad una cattiva igiene del sonno. In contrasto con un fisiologico aumento della sonnolenza tipico dello sviluppo puberale.

I disturbi del sonno negli adolescenti richiedono un approccio particolarmente attento, in quanto potrebbero costituire un segnale d’allarme per un disturbo psichiatrico (depressione, ansia, fobie) in fase di sviluppo.

I sintomi durante il giorno

I bambini che dormono poco e male hanno disagi o disturbi del comportamento di giorno, a scuola e in famiglia.

Ciondolano sonnolenti sui banchi, a volte diventano aggressivi senza un motivo, spesso non riescono a stare attenti o sono agitati in classe.

Hanno spesso difficoltà di apprendimento, concentrazione e memoria. Hanno mancanza di energia o di motivazione.
Inoltre il sonno riveste un’importanza cruciale, poiché è proprio durante il sonno che viene prodotto l’ormone della crescita.

Infine, conseguenze importanti riguardano la relazione madre/bambino. Un bimbo che non dorme, determina problemi di insonnia anche nel genitore. Che vede interrompere il suo sonno dai risvegli del figlio. Questo determina malumori e nervosismi in casa.

La carenza cronica di sonno può portare anche a deficit nello sviluppo psicofisico, difficoltà di socializzazione e di alimentazione.

Quindi nei casi di insonnia infantile è molto importante un intervento tempestivo al fine di ripristinare il normale ritmo sonno/veglia.

Uno studio sui gemelli

Un recente studio americano ha messo ulteriormente in evidenza quanto sia importante per i bambini riposare bene.

La ricerca del Medicine Sleep Center della University of Washington, pubblicata su Sleep, ha studiato da vicino la vita di 11 coppie di gemelli monozigoti. Dunque con patrimonio genetico identico, che seguivano una diversa routine notturna.

Gli individui sono stati sottoposti a degli esami del sangue. Dall’analisi dei dati è emerso che il gemello che dormiva di meno o peggio aveva un sistema immunitario più indebolito del fratello o della sorella.

In particolare la ricerca ha potuto dimostrare che la privazione cronica di sonno inciderebbe sulla risposta immunitaria e sull’attività dei globuli bianchi.

Infine lo studio americano ha visto anche che la durata e la qualità del sonno sono una questione di geni e di ambiente. Se la genetica pesa per una percentuale che va dal 31% al 55%, il resto lo fanno i comportamenti e lo stile di vita.

Conseguenze a lungo termine

L’insonnia cronica altera il naturale ciclo del sonno, che può risultare difficile da restaurare.

Spesso, inconsapevolmente, si spinge il corpo fino al limite, al punto tale che la privazione del sonno provochi gravi problemi fisici e mentali nel corso degli anni.

Disturbi associati ad insonnia cronica:


  • depressione, ansia
  • problemi cronici di attenzione, concentrazione o memoria (compromissione cognitiva)
  • malattie cardiache
  • ipertensione arteriosa
  • diabete
  • ictus
  • obesità
  • ridotta funzionalità del sistema immunitario

Rivolgiamoci al pediatra di fiducia

Nel caso in cui la condizione di insonnia del bambino abbia gli effetti sopra descritti durante il giorno o duri da diverso tempo è utile rivolgersi al proprio pediatra di fiducia.

La prima cosa che farà sarà escludere le possibili cause organiche del disturbo, anche attraverso esami delle urine oppure ematochimici.

Quindi analizzerà insieme ai genitori le abitudini per trovare il modo migliore di regolarizzare il ritmo sonno/veglia del bambino.

Igiene del sonno

È bene creare una routine per le ore serali, in un ambiente sereno e tranquillo in cui gli stimoli vengono man mano diminuiti. Stimoli come: giochi sonori e luminosi, televisione, pc, tablet, videogiochi.

Si può leggere un libro, cantare una ninna-nanna. L’importante è che il bambino riconosca l’esistenza di un’abitudine anche nell’andare a letto, sempre alla stessa ora. Magari con uno o più oggetti (peluche, ciuccio) riservati al momento della nanna.

È fondamentale che il bambino impari prima possibile – a partire dai 6 mesi – a dormire nel proprio letto.

Sviluppando progressivamente l’autonomia e la capacità di addormentarsi da solo anche in caso di risveglio notturno.

È importante che il bambino dorma nella sua camera, assieme ai suoi giochi e alle sue cose. Se è necessario correggere l’insonnia un buon punto di partenza può essere quello di creare o ricreare lo spazio del piccolo.

Sottolineando l’importanza di questo passaggio in relazione alla sua autonomia e al suo benessere.

Il genitore deve stare col bambino finché è tranquillo. Magari dire sempre la stessa frase (es. Fai dei bei sogni) e poi lasciare la stanza, spiegando al bambino dove va e perché.

Se il bambino piange si può aspettare qualche secondo prima di tornare a tranquillizzarlo, sempre lasciandolo nel suo letto. Le qualità richieste ai genitori in questo processo sono: sicurezza, tranquillità, disponibilità a insegnare, ripetitività dei gesti.

È importante che il genitore continui a trasmettere sicurezza, senza farsi prendere dall’ansia. Perché i bambini vivono continuamente il riflesso di ciò che leggono nei propri genitori (e i bambini in questo sono straordinari).

Se percepiscono stanchezza, insicurezza, paura, saranno a loro volta portati a vivere le stesse emozioni e dunque a dormire ancora peggio.

Buone abitudini

Spegnere tablet, tv e computer almeno un’ora prima di andare a lettoLa luce dei dispositivi elettronici altera la produzione di melatonina, l’ormone che favorisce il riposo.

Evitiamo cene pesanti e ricche di grassi. Meglio preferire il consumo di alimenti che stimolano la produzione di serotonina (per esempio: pollo, uova, pesce e latte).

Il pigiama non deve essere troppo pesante e la temperatura della cameretta deve essere intorno ai 18 gradi.

Cambiate spesso le lenzuola in modo che siano fresche e profumate. La lavanda aiuta a rilassarsi e ad abbassare la frequenza cardiaca. Quindi può essere d’aiuto utilizzare detersivi o profumi a base di lavanda.

Almeno 30 minuti prima di mettere a letto i bimbi, la casa dovrebbe scivolare nel silenzio.

Cattive abitudini da evitare

Sono cattive abitudini quelle di: far addormentare il bambino in braccio, nel lettone, nel passeggino, in auto o in qualunque posto che non sia il suo letto. Abituarlo a un contatto con la madre durante l’addormentamento (es. la mano). Dare il biberon o allattarlo mentre prende sonno. Farlo stancare perché dorma di più.

Meglio evitare che faccia sonnellini troppo lunghi nel pomeriggio.

Bisogna evitare attività stimolanti prima di andare a letto come fare o affrontare discussioni, guardare la televisione o giocare con i videogiochi.

Evitare esercizi fisici intensi almeno un’ora prima di coricarsi, perché innalzano la temperatura corporea e sfavoriscono l’arrivo del sonno.

Terapie della condizione di insonnia

Nel caso in cui questi accorgimenti non funzionino sarà il vostro pediatra a prendere in considerazione altri interventi. Evitiamo sempre il fai da te.

Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’utilizzo di tecniche comportamentali nel trattamento del disturbo del sonno nella prima e seconda infanzia. Determinano nel 50-80% dei casi una risoluzione dei sintomi notturni, oltre a benefici nel funzionamento diurno e sul benessere familiare.

Terapia farmacologica

L’uso di una terapia farmacologica in caso di insonnia pediatrica è estremamente dibattuto. Solo in casi molto selezionati si può ricorrere all’uso di sostanze come la melatonina o il triptofano (neurotrasmettitore precursore della melatonina), da associare sempre a terapie comportamentali.

Il trattamento farmacologico dell’insonnia può essere utilizzato comunque come soluzione temporanea. Soprattutto per facilitare il successo delle tecniche comportamentali.

La terapia farmacologia senza l’associazione con un’adeguata ristrutturazione delle abitudini del sonno comporta, infatti, la ricomparsa dei disturbi del sonno nel momento in cui viene interrotta l’assunzione del farmaco.

Cosa abbiamo imparato

Un bambino che dorme bene, cresce bene. L’insonnia, frequente anche in età pediatrica, determina importanti sintomi durante il giorno.

A lungo andare può anche favorire l’insorgenza di disturbi cronici, sia psichici che fisici.

I disturbi del sonno, se importanti e persistenti, sono da trattare sempre in collaborazione con il pediatra di fiducia.

Con lui possiamo cercare di modificare le abitudini del bambino e favorire la ripresa di un ritmo sonno veglia regolare.

In alcuni casi può essere utile una terapia comportamentale. In rari casi l’uso per brevi periodi di farmaci.

Evitiamo sempre il fai da te, soprattutto per i disturbi del sonno. Condizioni delicata e dalle possibili gravi conseguenze anche a lungo termine.

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