Il mio bambino non parla ancora. E’ grave

Il mio bambino non parla ancora. Perché?

Il mio bambino non parla ancora. Spesso i genitori si chiedono se questo ritardo è normale.

Oppure sono preoccupati per come i loro bambini stanno sviluppando il loro linguaggio e prima ancora le loro capacità comunicative. Diciamo che spesso hanno ragione.

I genitori sono in grado di notare sfumature nelle difficoltà della comunicazione dei figli che sono precopi e altrimenti difficili da notare. Capiscono che c’è qualcosa che non va.

Come bisogna comportarsi? Si devono sottoporre a visite ed indagini? Oppure attendere ed osservare se il problema si risolve nel tempo?

In realtà questa preoccupazione non è banale.

I bambini che comunicano o parlano in ritardo sono da monitorare con attenzione.  Questo perché il ritardo può essere sia un normale e transitorio stadio nello sviluppo del bambino. Oppure il sintomo iniziale di un problema neurologico, psichiatrico o comportamentale.

Lo sviluppo normale della comunicazione e del linguaggio

I bambini vengono al mondo con la capacità innata di entrare in contatto con l’ambiente. Di comunicare con gli altri esseri umani.

Manifestazione precocissima di queste capacità innate sono il contatto di sguardo. L’interesse per il volto e il sorriso nel lattante molto piccolo.

Successivamente la capacità di guardare nella stessa direzione in cui guarda la madre (seguire lo sguardo). Oppure nella direzione che la madre sta mostrando con il dito indice.

Appena un po’ più grande, alla fine del primo anno di vita, il bambino sarà in grado a sua volta di attirare l’attenzione dell’adulto su qualcosa di interessante indicandolo. Guardando l’adulto sia per richiedere che per condividere con l’altro l’interesse e il piacere.

Questi sono i primi elementi che devono essere presi attentamente in esame. Cioè  la capacità del bambino di comunicare con i genitori anche senza usare le parole.

La capacità di comprensione delle intenzioni dei genitori, dei loro gesti, dei loro sguardi è fondamentale. A questi il bambino risponde con una sua gestualità, espressioni del viso, guarda i genitori. Indica gli oggetti.

Comportamenti prelinguistici insoddisfacenti ci devono mettere subito in allarme.

In questi casi una precoce visita neuropsichiatrica con test neurocognitivi diventa necessaria.

Nel normale processo di apprendimento i bambini iniziano a vocalizzare a 6-10 mesi. Nella media, dicono la loro prima parola intorno al primo compleanno.

Il successivo sviluppo del linguaggio nel secondo anno di vita renderà chiaramente evidenti le competenze comunicative del bambino.

Intorno ai 14-24 mesi la maggior parte dei bambini inizia a produrre frasi di due parole. A 3 anni un bambino dovrebbe riuscire a comporre combinazioni di tre parole. All’età di 4 anni un chiaro ordine delle frasi è parte dell’eloquio della gran parte dei bambini.

Ritardo nello sviluppo della comunicazione

Come già accennato un disturbo nella comunicazione con i genitori, la madre in particolare deve essere subito segnalato al vostro pediatra di fiducia.

Questo ritardo nelle capacità comunicative può essere legato ad un disturbo dello spettro autistico.

Vanno anche esclusi difetti neurologici, dell’udito e della vista in collaborazione con il vostro pediatra.

La prima cosa da valutare è la possibile presenza di fattori di rischio durante la gravidanza, il parto e i primi mesi di vita.

Alcune infezioni durante la gravidanza possono determinare sordità, cecità oppure alterazioni del sistema nervoso centrale. Così per il parto. Un parto difficoltoso può aver danneggiato il cervello del piccolo. Traumi, prematurità, asfissia, possono procurare danni permanenti.

Oppure un’infezione precoce come una meningite può avere conseguenze gravi su encefalo e sistema uditivo.

Va valutata la presenza in famiglia di sordità. Alcune forme di questo disturbo hanno una base genetica.

Una storia di otiti medie ricorrente o persistente sono fattori di rischio per un ritardo della
parola e del linguaggio.

Quindi una valutazione otorinolaringoiatrica con esame audiometrico può essere un passaggio importante.

Ritardo nello sviluppo del linguaggio

Se il bambino dimostra di essere in grado di comunicare bene con i genitori anche senza l’uso della parola. Non presenta problemi neurologici, di udito, di vista nella maggior parte dei casi il ritardo nello sviluppo del linguaggio è un normale e transitorio stadio nello sviluppo del bambino. Sono i parlatori tardivi.

I parlatori tardivi sviluppano il linguaggio a 24/36 mesi. Età in cui la maggior parte dei bambini già utilizza il linguaggio per comunicare e per costruire conoscenze sul mondo.

Si possono definire tali quei bambini che


  • a 24 mesi hanno un vocabolario inferiore ad 8-10 parole
  • a 30 mesi hanno un vocabolario inferiore a 50 parole
  • assenza di combinazione di almeno due parole ai 30 mesi

Anche una conformazione dentaria alterata può ritardare lo sviluppo del linguaggio.

In questo caso il bambino utilizzerà solo i suoni che sa pronunciare, omettendo quelli in cui non riesce. L’uso prolungato del ciuccio e del biberon, la suzione del dito possono favorire deviazioni delle arcate dentarie e in molti casi influire anche sulla pronuncia dei suoni.

I parlatori tardivi non possono però tardare troppo. Se questi problemi persistono dopo il terzo anno di vita, oltre alle cause prima indicate, vanno esclusi difetti dello sviluppo del linguaggio.

L’ambiente che circonda il bambino

La capacità di comunicare a di parlare sono competenze innate ma hanno bisogno, per svilupparsi, di amore e attenzione da parte dei genitori. Di stimoli con cui confrontarsi. Una grave carenza affettiva può infatti essere responsabile di un ritardo di comunicazione o dello sviluppo del linguaggio.

I genitori possono svolgere un ruolo molto importante nel dare stimoli appropriati ai figli rafforzando lo sviluppo del linguaggio.

Per esempio durante le situazioni routinarie possono comunicare con i figli. Situazioni come vestirsi, mangiare, lavarsi, andare a dormire, proprio perchè sono quotidiane permettono la ripetitività dei gesti, delle sensazioni, e delle espressioni verbali e mimiche.

Determinano quindi una aspettativa da parte del bambino e la possibilità di anticipare gesti e parole. Per questo motivo costituiscono un ottimo contesto di interazione e di stimolazione del linguaggio.

L’espressione del volto e l’intonazione della voce vengono percepiti dal bambino già nelle primissime fasi dello sviluppo. Si consiglia di sfruttare questi momenti per dimostrare e comunicare al vostro bambino il piacere di interagire e parlare con lui.

Comunicate con il bambino facendo in modo che lui vi guardi nel volto e cercate di mantenere il contatto oculare mettendovi di fronte a lui alla sua altezza.

Le diverse situazioni della giornata

Potete anche sfruttare le diverse situazioni che si creano durante la giornata per descrivere e raccontare ciò che vi circonda. Può essere una passeggiata al parco, andare a fare la spesa, preparare la torta.

Quando è possibile, abbinate alle parole gesti ed espressioni del volto significativi.  Utilizzate un linguaggio semplice ma corretto, cercando di non semplificare le parole. Parlate in modo chiaro e scandendo le parole, non in modo affrettato.

Introducete suoni onomatopeici: trasmettono significati chiari e sono semplici da riprodurre per il bambino stesso. Ad esempio, i versi degli animali (“bau-bau”, “muuu”, “co-co”) ed i suoni dell’ambiente (“brum – brum”, “pè-pè”).

Introducete le parole nuove in situazioni in cui lui possa capirne il significato. Per esempio  mostrando l’oggetto e ripetendo la parole più volte.

Stimolate il bambino a riprodurre la parola o il suono corrispondente ad un significato ed accettate e gioite con lui del tentativo, anche se scorretto. Per esempio: “Il cane! Guarda, arriva il cane! Hai visto chi arriva? Arriva il….”.

Libri per bambini

Proponete canzoncine e filastrocche abbinandovi gesti e mimica che diano significato alle parole. Ad esempio la mimica nella canzone “I due liocorni” o “Whisky il ragnetto”.

Proponete libri figurati e commentateli.

Sfogliare un libro senza supporto verbale dell’adulto non arricchisce spontaneamente il linguaggio del bambino, e ancor meno la comunicazione.

La stessa cosa accade per la radio e la televisione, in quanto non stimolano da sole l’interazione. Piuttosto sfogliate un libro con lui, descrivete le figura.

Stimolatelo ad indicare e a nominare le figure che gli proponete. Per esempio: “Guarda il cane!” “Dov’è il cane?”

Parlate delle esperienze vissute

Stimolate il bambino a ricordare e a parlare di esperienze vissute recentemente o che lo hanno colpito. Riguardando foto o utilizzando materiali che ricordano l’evento. Per esempio  riprendere il disegno che ha fatto nella giornata mettere a posto insieme un gioco utilizzato.

Fatevi raccontare dall’insegnante cosa ha fatto durante la vostra assenza in modo da poterlo stimolare a raccontare ed, eventualmente, aiutandolo se ha difficoltà a ricordare o a esprimersi.

E’ importante rinforzare qualsiasi tentativo linguistico del bambino, gratificandolo, imitandolo e dandogli eventualmente la forma corretta (es. “Mamma lallo!” – “Si, c’è un cavallo!”). Se la parola non risulta troppo complessa, stimolarne la ripetizione corretta, ma senza costringerlo.

Quando non capite ciò che il bambino vi dice non colpevolizzatelo, ne fate finta di non capire, piuttosto cercate di aiutarlo a spiegarsi.

Un libro in aiuto dei genitori

Un aiuto molto valido può venire da un bellissimo libro della logopedista di Claudia Azzaro: PARLARE…GIOCANDO.  CONSIGLI AI GENITORI PER AIUTARE I BAMBINI A PARLARE BENE, ARMANDO EDITORE, 2014, pp. 96.

E’ un libro ricco di piccoli trucchi, non invadenti, per stimolare i piccoli a parlare. Il libro è un manuale sotto forma di conversazione.

Che si rivolge ai genitori, cercando di tranquillizzare le loro naturali ansie. Ma è dedicato ai bambini, perché spinge gli adulti a comprendere il loro mondo linguistico, come si sviluppa e perché, a volte, si blocca.

Sono descritti diversi espedienti utili per aiutare lo sviluppo del linguaggio. Le domande doppie, ad esempio, sono “un modo semplice e naturale per spronare il bambino ad esprimersi verbalmente”: ‘vuoi le patatine o il gelato?’.

Un piccolo trucco che aiuta il bambino a scegliere, a decidere, a sentirsi importante. Ci sono poi i pupazzi parlanti.Di solito i bambini amano invertire i ruoli, così che, almeno nel gioco, possano comandare, rimproverare, decidere, coccolare.

C’è poi la fase in cui il bimbo inizia a capire cosa sia il perché. In questa momento si può invitarli a dialogare suggerendo la risposta.

Può essere utile a spiegare il nesso di causa-effetto: perché il bambino piange? Perché si è fatto male.

Crescendo si arriva al racconto, una difficile conquista. Spesso la mamma o il papà, per invitare a raccontare, stroncano ogni narrazione possibile con la domanda delle domande, ovvero ‘cosa hai fatto a scuola oggi?’.

Il piccolo elude facilmente ogni approfondimento con un ‘ho giocato’, ‘ho mangiato tutto’. Se si vogliono evitare risposte stereotipate, meglio invitarlo a fare una passeggiata. Sarà lui che quando vorrà, in modo naturale, inizierà a raccontare qualche esperienza della giornata che lo ha colpito.

Cosa abbiamo imparato

Comunicare e parlare sono capacità innata per i bambini.

Che vanno però stimolate senza mai forzare e con molta cautela. Ma con continuazione e in modi fantasiosi. Cercando di far sentire il vostro bambino importante ed amato.

I genitori di solito capiscono subito quando qualcosa non va. Sia nella comunicazione senza parole che nello sviluppo del linguaggio.

In questo caso è corretto rivolgersi subito al pediatra di famiglia che in caso di necessità potrà avvalersi della collaborazione di altre figure professionali, per capire se c’è un problema oppure ci troviamo solo di fronte ad una fase di ritardo.

Se qualcosa non va non esitiamo. La precocità della diagnosi di molti disturbi è fondamentale per un intervento adeguato.

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